Ricorso ex art. 127 costituzione, del  Presidente  del  Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
dello Stato codice fiscale n. 80224030587 -  fax  06/96514000  e  pec
roma@mailcert.avvocaturastato.it  -  presso  i  cui  uffici   ex-lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, manifestando la volonta'
di     ricevere     le      comunicazioni      all'indirizzo      PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  nei   confronti   della   Regione
Autonoma Valle d'Aosta/Region autonome Vallee d'Aoste, in persona del
Presidente della Giunta Provinciale pro-tempore per la  dichiarazione
di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 9 e 17 della legge
della Regione Autonoma Valle d'Aosta/Region autonome  Vallee  d'Aoste
n. 5 del 29 marzo 2018, recante «Disposizioni in materia  urbanistica
e pianificazione territoriale.  Modificazione  di  leggi  regionali»,
pubblicata nel B.U.R. n. 21 del 2 maggio 2018,  giusta  delibera  del
Consiglio dei Ministri in data 27 giugno 2018. 
    1. La legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta/Region  autonome
Vallee d'Aoste n.  5/2018,  indicata  in  epigrafe,  composta  da  42
articoli,  contiene  le  disposizioni  in   materia   urbanistica   e
pianificazione territoriale e modifica alcune leggi regionali. 
    E' avviso del  Governo  che,  con  le  disposizioni  indicate  in
epigrafe, la Regione Autonoma Valle  d'Aosta/Region  autonome  Vallee
d'Aoste  abbia  ecceduto  dalla  propria  competenza  statutaria,  in
violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si  confida   di
dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 3 della legge  Regione  Autonoma  Valle  d'Aosta/Region
autonome Vallee d'Aoste 29 marzo 2018, n. 5 viola l'art.  117,  comma
2, lett. s), della Costituzione. 
    La legge regionale n. 5/2018 citata,  che  reca  disposizioni  in
materia  di  urbanistica  e  pianificazione  territoriale   e   detta
modificazioni di precedenti leggi regionali eccede  dalle  competenze
riconosciute alla Regione Valle d'Aosta  dallo  Statuto  speciale  di
autonomia, approvato con legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4,
in particolare, dall'art. 2, comma 1, lett. g), in  quanto  le  norme
indicate in epigrafe violano la competenza esclusiva dello  Stato  in
materia di tutela dell'ambiente e del paesaggio di  cui  all'articolo
117, comma 2, lett. s), della Costituzione. 
    La legge regionale n. 5/2018 reca alcune modificazioni alla legge
regionale 6 aprile 1998, n. 11, contenente la «Normativa  urbanistica
e di pianificazione territoriale della  Valle  d'Aosta»,  volte,  tra
l'altro, a delimitare l'ambito di applicazione della disciplina della
valutazione ambientale strategica (di seguito, VAS) in relazione agli
strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica. 
    L'art. 3, introduce  nella  legge  regionale  n.  11/1998  citata
l'art. 12-bis, il quale prevede, al comma 4, che "I piani urbanistici
di dettaglio interessanti aree gia' sottoposte  a  VAS  in  occasione
della predisposizione di strumenti urbanistici sovraordinati, qualora
non comportino ulteriori varianti al PRG vigente, non sono sottoposti
ne' a VAS ne' alla verifica di assoggettabilita'. Negli  altri  casi,
la VAS e la verifica di assoggettabilita' dei  piani  urbanistici  di
dettaglio sono comunque limitate agli  aspetti  che  non  siano  gia'
stati  oggetto  di  valutazione  nelle  procedure  effettuate   sulle
varianti al PRG sovraordinate». 
    A cio' si aggiunga che l'art. 5 della legge regionale  n.  5/2018
citata sostituisce l'art. 14 della legge regionale  n.  11  del  1998
citata.  Tale  nuova  disposizione   contiene,   tra   l'altro,   una
definizione  delle  «modifiche  non  costituenti  variante»  e  delle
«varianti non sostanziali» ai piani regolatori generali. 
    Al  riguardo,  occorre  precisare  che  la   VAS,   istituto   di
derivazione europea, «largamente condizionata dal diritto dell'Unione
(sentenze n. 58/2013 punto 2.  del  Considerato  in  diritto);  e  n.
219/2015, punto  2.  del  Considerato  in  diritto),  rappresenta  un
procedimento amministrativo finalizzato ad  integrare  considerazioni
di natura ambientale nell'ambito della  elaborazione  e  adozione  di
strumenti  di  pianificazione  e  programmazione  che  possono  avere
effetti significativi sull'ambiente, con lo scopo  di  assicurare  un
«elevato  livello  di  protezione  dell'ambiente  e  di   contribuire
all'integrazione    di     considerazioni     ambientali     all'atto
dell'elaborazione e dell'adozione di piani e  programmi  al  fine  di
promuovere lo  sviluppo  sostenibile»,  secondo  quanto  testualmente
disposto dall'art. 1  della  direttiva  27  giugno  2001  2001/42/CE,
concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e
programmi  sull'ambiente.  Alla  predetta  direttiva  il  legislatore
statale ha dato attuazione con gli articoli 6 e seguenti del  decreto
legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale». 
    Va, inoltre, considerato che, secondo costante orientamento della
giurisprudenza costituzionale applicabile anche nei  confronti  delle
Regioni Autonome,  la  disciplina  della  VAS  attiene  alla  materia
«tutela  dell'ambiente»  (sentenze  n.   225/2009,   punto   4.   del
Considerato in diritto; n. 398/2006, punto 4.4.  del  Considerato  in
diritto; n. 58/2013, punto 2.  del  Considerato  in  diritto),  nella
quale la competenza dello Stato non e' limitata  alla  fissazione  di
standard  minimi  di  tutela  ambientale,  ma  deve,  al   contrario,
assicurare una  tutela  «adeguata  e  non  riducibile»  (sentenza  n.
61/2009, punto 4. del Considerato in diritto). 
    Tanto  premesso,  l'art.  6,  comma  2,  lett.  a),  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 citato impone la valutazione per tutti  i
piani e i programmi che sono elaborati, tra l'altro,  per  i  settori
della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli. 
    In base al successivo comma 3, «per i piani e i programmi di  cui
al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello  locale  e
per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma  2,
la  valutazione  ambientale   e'   necessaria   qualora   l'autorita'
competente valuti che producano impatti significativi  sull'ambiente,
secondo le disposizioni di cui all'art. 12 e tenuto conto del diverso
livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento». 
    Ne deriva che, nelle fattispecie indicate (piani e programmi  che
determinano l'uso di piccole aree a livello locale e modifiche minori
dei piani e dei programmi,  tra  le  quali  certamente  rientrano  le
varianti non sostanziali e le modifiche  non  costituenti  variante),
debba, comunque, essere svolta verifica di assoggettabilita' a VAS. 
    Le richiamate  disposizioni  della  legge  regionale  n.  5/2018,
pertanto, nel  determinare  casi  di  esclusione  dalla  verifica  di
assoggettabilita' a VAS e  a  VAS  non  previsti  dalla  legislazione
statale, pur nell'esercizio della competenza legislativa primaria  in
materia di urbanistica (art. 2, comma  1,  lett.  g),  dello  Statuto
della  Valle  d'Aosta),  riducono  i  livelli  di  tutela  ambientale
stabiliti dal legislatore statale, con cio'  violando  la  competenza
esclusiva a quest'ultimo riconosciuta dall'art. 117, comma  2,  lett.
s), della Costituzione. 
    La  disciplina  statale  relativa  alla   tutela   dell'ambiente,
infatti, «viene a funzionare come un limite alla  disciplina  che  le
Regioni e le Province autonome  dettano  in  altre  materie  di  loro
competenza (sentenza n. 67  del  2010[punto  4.  del  Considerato  in
diritto]». (sentenza n.  232/2017,  punto  2.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    L'art. 3 della legge regionale n. 5/2018 citato, nella  parte  in
cui introduce nella legge regionale n. 11  del  1998  citata,  l'art.
12-bis, comma 4, citato viola il predetto art. 117 tenuto  conto  che
talune ipotesi di «modifiche non costituenti variante», come definite
dal legislatore regionale,  sono  suscettibili  di  produrre  effetti
ambientali non considerati  nei  processi  di  valutazione  aventi  a
oggetto gli strumenti di pianificazione sovraordinati. 
    Si fa riferimento, precisamente, agli  «adeguamenti  di  limitata
entita', imposti da esigenze  tecniche,  della  localizzazione  delle
infrastrutture,  degli  spazi  e  delle  opere  destinate  a  servizi
pubblici o di  interesse  generale»;  nonche'  alla  «destinazione  a
specifiche opere pubbliche o servizi pubblici  di  aree  che  il  PRG
vigente destina ad altra categoria di opere o  di  servizi  pubblici»
(art. 14, comma 7, lett. b) e h), della Legge  Regionale  n.  11  del
1998 citato, come  sostituito  dall'art.  5,  comma  1,  della  legge
regionale n. 5 del 2018 citata). 
    Alla luce delle  precedenti  considerazioni  deve  ritenersi  che
l'art. 3 citato ecceda  dalle  competenze  statutarie  della  Regione
Autonoma Valle d'Aosta, in particolare, di cui all'art. 2, comma,  1,
lett. g) , citato, in violazione  della  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni
culturali di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lett.  s),  della
Costituzione,  e  con  riferimento  alla  citata  normativa   statale
interposta. 
    2. L'art. 9 della legge  Regione  Autonoma  Valle  d'Aosta/Region
autonome Vallee d'Aoste 29 marzo 2018, n. 5 viola l'art.  117,  comma
2, lett. s), della Costituzione. 
    L'art. 9, comma 1, della Legge Regionale n. 5/2018,  nella  parte
in cui introduce l'art. 16, comma 1, nella legge regionale n. 11  del
1998  citata,  eccede  dalle  competenze  statutarie  della   Regione
Autonoma Valle d'Aosta di cui all'art. 2, comma, 1, lett. g), citato,
in violazione della competenza esclusiva dello Stato  in  materia  di
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni  culturali  di  cui
all'articolo 117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione;
atteso che le varianti non sostanziali -  si  ribadisce  -  rientrano
senza dubbio tra le  modifiche  minori  che  il  legislatore  statale
destina a valutazione di assoggettabilita' a VAS. 
    Come gia' eccepito nel precedente motivo di ricorso, al riguardo,
occorre precisare  che  la  VAS-  istituto  di  derivazione  europea,
«largamente  condizionata  dal  diritto  dell'Unione   (sentenze   n.
58/2013, punto 2. del Considerato in diritto; e n. 219/2015, punto 2.
del   Considerato   in   diritto),   rappresenta   un    procedimento
amministrativo finalizzato  ad  integrare  considerazioni  di  natura
ambientale nell'ambito della elaborazione e adozione di strumenti  di
pianificazione   e   programmazione   che   possono   avere   effetti
significativi sull'ambiente, con lo scopo di assicurare  un  «elevato
livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione
di   considerazioni   ambientali   all'atto    dell'elaborazione    e
dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo  sviluppo
sostenibile», secondo quanto testualmente disposto dall'art. I  della
direttiva 27 giugno 2001 2001/42/CE, concernente la valutazione degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente. Alla predetta
direttiva il legislatore statale ha dato attuazione con gli  articoli
6 e seguenti del decreto legislativo  del  3  aprile  2006,  n.  152,
«Norme in materia ambientale». 
    Va, inoltre, considerato che, secondo costante orientamento della
giurisprudenza costituzionale applicabile anche nei  confronti  delle
Regioni a statuto speciali, la  disciplina  della  VAS  attiene  alla
materia «tutela dell'ambiente» (sentenze n. 225/2009  e  n.  398  del
2006), nella quale la competenza dello Stato  non  e'  limitata  alla
fissazione di standard minimi  di  tutela  ambientale,  ma  deve,  al
contrario,  assicurare  una  tutela  «adeguata  e   non   riducibile»
(sentenza n. 61 del 2009). 
    Tanto  premesso,  l'art.  6,  comma  2,  lett.  a),  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 citato impone la valutazione per tutti  i
piani e i programmi che sono elaborati, tra l'altro,  per  i  settori
della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli. 
    In base al successivo comma 3, «per i piani e i programmi di  cui
al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello  locale  e
per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma  2,
la  valutazione  ambientale   e'   necessaria   qualora   l'autorita'
competente valuti che producano impatti significativi  sull'ambiente,
secondo le disposizioni di cui all'art. 12 e tenuto conto del diverso
livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento». 
    Ne  deriva  che,  nella  fattispecie   indicata   (varianti   non
sostanziali),   debba,   comunque,   essere   svolta   verifica    di
assoggettabilita' a VAS. 
    Il richiamato art. 9 della  legge  regionale  n.  5/2018  citata,
pertanto, nel  determinare  casi  di  esclusione  dalla  verifica  di
assoggettabilita' a VAS e  a  VAS  non  previsti  dalla  legislazione
statale, pur nell'esercizio della competenza legislativa primaria  in
materia di urbanistica (art. 2, comma  1,  lett.  g),  dello  statuto
della  Valle  d'Aosta),  riducono  i  livelli  di  tutela  ambientale
stabiliti dal legislatore statale, con cio'  violando  la  competenza
esclusiva a quest'ultimo riconosciuta dall'art. 117, comma  2,  lett.
s), della Costituzione. 
    La  disciplina  statale  relativa  alla   tutela   dell'ambiente,
infatti, «viene a funzionare come un limite alla  disciplina  che  le
Regioni e le Province autonome  dettano  in  altre  materie  di  loro
competenza (sentenza n. 67 del 2010  [punto  4.  del  Considerato  in
diritto]». (sentenza n.  232/2017,  punto  2.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Alla luce delle  precedenti  considerazioni  deve  ritenersi  che
l'art. 9 citato ecceda  dalle  competenze  statutarie  della  Regione
Autonoma Valle d'Aosta, in particolare, di cui all'art. 2, comma,  1,
lett. g), citato, in  violazione  della  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni
culturali di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lett.  s),  della
Costituzione,  e  con  riferimento  alla  citata  normativa   statale
interposta. 
    3. L'art. 17 della Legge Regione  Autonoma  Valle  d'Aosta/Region
autonome Vallee d'Aoste 29 marzo 2018, n. 5 viola l'art.  117,  comma
2, lett. s), della Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art.  17  citato  sostituisce  l'art.  52
della legge regionale n. 11/1998 citato. Il  novellato  art.  52,  al
comma  2,  elenca  interventi  edilizi  consentiti  in  mancanza   di
strumenti  attuativi  dei  PRG,  che  non   coincidono   con   quelli
individuati dall'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, «Testo unico delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia edilizia». 
    Detta norma statale stabilisce puntualmente quali  interventi  di
manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre che di  restauro  e  di
risanamento  conservativo  e  di  ristrutturazione   edilizia,   sono
consentiti nei Comuni sprovvisti di  strumenti  urbanistici,  nonche'
nelle aree nelle  quali  non  siano  stati  approvati  gli  strumenti
urbanistici attuativi previsti dagli strumenti  urbanistici  generali
come presupposto per l'edificazione. 
    In particolare, l'art. 17 citato consente, alle lettere  a),  h),
i) e j), del comma 2 del novellato art. 52 della legge  regionale  n.
11/1998  citato,  alcuni  interventi   di   cui   non   si   rinviene
corrispondenza nella norma statale citata. 
    La norma regionale de-qua, oltre a non  rispettare  la  sfera  di
competenza esclusiva in materia urbanistica, si pone  soprattutto  in
contrasto  con  la  normativa   statale   in   materia   di   «tutela
dell'ambiente»,  di  competenza  esclusiva  statale,  che,  peraltro,
rileva in quanto delimita la competenza materia urbanistica. 
    La  disciplina  statale  relativa  alla   tutela   dell'ambiente,
infatti, «viene a funzionare come un limite alla  disciplina  che  le
Regioni e le Province autonome  dettano  in  altre  materie  di  loro
competenze (sentenza n. 67 del 2010  [punto  4.  del  Considerato  in
diritto]». (sentenza n.  232/2017,  punto  2.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Il legislatore regionale, con la nonna in  esame,  ha,  pertanto,
oltrepassato  tale  limite  della  propria  competenza   in   materia
urbanistica  e  ha  invaso  la  sfera  di  competenza  esclusiva  del
legislatore statale in materia di tutela dell'ambiente. 
    La  previsione  regionale  appare   eccedere   dalle   competenze
regionali,  considerato  che  l'art.  2  dello  Statuto  Speciale  di
Autonomia, che,  pur  attribuendo  alla  Regione,  alla  lettera  g),
competenza legislativa di tipo primario in  materia  di  urbanistica,
richiede comunque che  questa  debba  svolgersi  in  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica. In relazione al citato articolo 9
del decreto del presidente della Repubblica n. 380/2001, infatti,  la
Corte Costituzionale, dopo aver sottolineato nella sentenza n. 84 del
2017 e, poi, nella  sentenza  n.  68  del  2018,  che  le  previsioni
contenute in detta  norma  statale  esprimono  principi  fondamentali
nella  materia  «governo  del   territorio»,   non   potendo   essere
qualificate come norme di dettaglio, ha avuto modo di precisare  che:
«...la previsione di limiti invalicabili all'edificazione nelle «zone
bianche», per la finalita' ad essa  sottesa,  ha  le  caratteristiche
intrinseche del principio fondamentale della legislazione statale  in
materia di governo  del  territorio,  coinvolgendo  anche  valori  di
rilievo costituzionale  quali  il  paesaggio,  l'ambiente  e  i  beni
culturali. In quest'ottica, la fissazione di  standard  rigorosi,  ma
cedevoli di  fronte  a  qualsiasi  regolamentazione  regionale  della
materia - sulla falsariga di quanto previsto dalla norma anteriore  -
rappresenterebbe una soluzione  contraddittoria.  Come  rilevato  dal
Consiglio di Stato (...) detta soluzione lascerebbe, infatti,  aperta
la possibilita' che «eventuali  legislatori  regionali,  prodighi  di
facolta' edificatorie, finiscano con  il  frustrare  la  ratio  della
disciplina  in  commento,  compromettendo  in  modo   tendenzialmente
irreversibile interessi di  rango  costituzionale»:  ragione  per  la
quale  «l'art.  9   individua   un   principio   fondamentale   della
legislazione statale  tale  da  condizionare  necessariamente  quella
regionale a regolare solo in senso piu'  restrittivo  l'edificazione»
(Consiglio di Stato,  sezione  quarta,  12  marzo  2010,  n.  1461).»
(sentenza n. 84 del 2017, punto 6.3. del Considerato in diritto) 
    A cio' si aggiunga che, ancora nella sentenza  n.  84  del  2017,
richiamata nella sentenza n. 68  del  2018,  e'  stato  espressamente
chiarito che «la funzione della norma di cui al comma 1  dell'art.  9
del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e' quella
«di  impedire,  tramite  l'applicazione  di  standard   legali,   una
incontrollata espansione edilizia in  caso  di  «vuoti  urbanistici»,
suscettibile  di  compromettere  l'ordinato  (futuro)   governo   del
territorio  e  di  determinare  la  totale  consumazione  del   suolo
nazionale, a garanzia di valori  di  chiaro  rilievo  costituzionale.
Funzione rispetto alla  quale  la  specifica  previsione  di  livelli
minimi di tutela si presenta coessenziale, in quanto  necessaria  per
esprimere la  regola  (al  riguardo,  sentenza  n.  430  del  2007)».
(sentenza n. 84 del 2017, punto  7.  del  Considerato  in  diritto  e
sentenza n. 68 del 2018, punto 9.1. del Considerato in  diritto);  la
medesima  funzione  «e,  quindi,  la  medesima  natura  di  norma  di
principio deve essere ascritta anche al comma 2 del citato art. 9 del
decreto del presidente della Repubblica n. 380  del  2001,  la'  dove
individua e delimita la tipologia di interventi edilizi  realizzabili
in assenza di piani attuativi, che siano qualificati dagli  strumenti
urbanistici generali come presupposto necessario per  l'edificazione.
Anche in tal caso la norma in esame mira a salvaguardare la  funzione
di pianificazione urbanistica intesa nel suo complesso, evitando che,
nelle more del procedimento  di  approvazione  del  piano  attuativo,
siano realizzati interventi incoerenti con gli strumenti  urbanistici
generali  e  comunque  tali  da  compromettere  l'ordinato  uso   del
territorio.» (sentenza n. 68 del 2018, punto 9.1. del Considerato  in
diritto). 
    Pertanto,   alla   luce   della   giurisprudenza   costituzionale
richiamata sembra potersi affermare che sia il comma 1 che il comma 2
dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380  del
2001 citato, coinvolgendo anche  valori  di  rilievo  costituzionale,
quali il paesaggio, l'ambiente e i  beni  culturali,  siano  posti  a
presidio di valori di chiaro rilievo costituzionale essendo volti  ad
impedire interventi suscettibili di compromettere l'ordinato uso  del
territorio e determinare la  consumazione  del  suolo  nazionale:  le
disposizioni statali, quindi, per tali profili, attesa  la  rilevanza
del bene protetto, non possono che  rendersi  applicabili  anche  nei
confronti delle Regioni ad autonomia speciale. 
    Diversamente   opinando,   si    giungerebbe    all'illogica    e
irragionevole   conclusione   che,   mentre   nei   confronti   della
legislazione delle  Regioni  a  Statuto  ordinario  i  commi  l  e  2
dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380/2001
citato costituiscono un principio fondamentale nella materia «governo
del territorio», configurando standard minimi, derogabili solo  nella
direzione dell'innalzamento della tutela, rispetto alla  legislazione
delle Regioni a Statuto speciale,  le  stesse  norme  possano  essere
derogate nella direzione opposta o addirittura pretermesse. Con  cio'
creando evidenti ingiustificate differenziazioni collegate ad  ambiti
territoriali. 
    Alla stregua  delle  considerazioni  che  precedono,  non  sembra
possano essere invocate, a sostegno della legittimita'  dell'art.  17
citato, la circostanza  che  la  nonna  regionale  de  qua  operi  un
richiamo a pareri delle strutture regionali competenti in materia  di
tutela dei beni culturali e del paesaggio, nel caso in cui l'immobile
sia tutelato ai sensi del decreto legislativo il 22 gennaio 2004,  n.
42,«Codice dei beni culturali e del paesaggio»,  dell'art.  40  delle
norme di attuazione del PTP e della L.R. n. 56/1983 e la  circostanza
che, ai sensi del comma 3 del novellato art. 52 della legge regionale
n. 11/1998 citata sia riconosciuta una (mera) facolta' ai  Comuni  di
individuare le zone o le sottozone in cui, per particolari motivi  di
ordine paesaggistico, non  e'  ammessa  (soltanto)  la  realizzazione
delle strutture pertinenziali di cui al medesimo comma 2, lettera i),
dovendosi,  peraltro,  rilevare  che  nello  stesso  comma  3,  primo
periodo, si stabilisce che le disposizioni di cui al comma 2, lettera
i), prevalgono sulle norme dei PRG e le sostituiscono. 
    Alla luce delle  precedenti  considerazioni  deve  ritenersi  che
l'art. 17 citato ecceda dalle  competenze  statutarie  della  Regione
Autonoma Valle d'Aosta, in particolare, di cui all'art. 2, comma,  1,
lett. g), citato, in  violazione  della  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni
culturali di cui all'articolo 117, secondo  comma,  lett.  s),  della
Costituzione,  e  con  riferimento  alla  citata  normativa   statale
interposta.